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E SE FOSSERO I DOCENTI A SCEGLIERE I DIRIGENTI SCOLASTICI?

​In una recente intervista apparsa sul sito tecnicadellascuola.it (2 ottobre 2025), la presidente dell’Associazione Nazionale Presidi (ANP) del Lazio, ha avanzato la proposta di affidare ai dirigenti scolastici la scelta del personale docente da impiegare nel proprio istituto; scelta che si compirebbe in base alla discriminante dell’adesione dei dipendenti alla vision del dirigente.

 

La chiamata diretta dei presidi è una vecchia idea figlia della cultura manageriale degli anni Novanta del secolo scorso, la stessa che trasformò gli ospedali in aziende ospedaliere (con i rovinosi risultati che sono sotto gli occhi di tutti). Nella scuola, ha trovato una sua prima realizzazione nella legge 107/2015 (la cosiddetta legge sulla “Buona Scuola” del governo Renzi), per poi essere apparentemente accantonata: il cuore di quell’idea di matrice aziendale, ovvero l’uso privatistico di una struttura pubblica, è difatti rimasto ben vivo, così che, ad ogni buona occasione, viene riproposto davanti alla pubblica opinione come soluzione dei mali della scuola.

 

Ci pare d’obbligo porre alcuni interrogativi, consapevoli che la scuola non è una semplice erogatrice di servizi al pari di qualunque altro esercizio pubblico, ma una delle istituzioni dello stato democratico a cui è demandata, in concorso con altri, l’attuazione – ad esempio – dell’articolo tre della Costituzione.

 

La chiamata diretta dei docenti da parte del dirigente migliorerebbe l’offerta formativa? O meglio: in che rapporto è la qualità degli insegnamenti con il conformismo degli insegnanti? Si dovrebbero considerare bravi soltanto quegli insegnanti che la pensano come il loro dirigente? E che fine farebbe il pluralismo, ovvero la cultura della differenza e del confronto?

 

E ancora: perché mai, nella scuola pubblica di uno Stato democratico, il docente, per lavorare, dovrebbe avere – o professare di avere – la stessa idea di scuola del dirigente? L’idea di scuola non è già dettata dalla Costituzione della Repubblica Italiana? E questa idea di scuola non deve determinare anche l’operato del dirigente?

 

La proposta targata ANP ci risulta non sostenibile anche sul piano pratico. È paradossale che la cultura manageriale, infarcita, com’è, di ideologia pragmatica ed efficientista, produca, quando innestata in un contesto pubblico, proposte di così ardua realizzazione. Perché, al di là di ogni considerazione di principio, una scuola in cui ogni singolo dirigente scelga direttamente i suoi docenti bloccherebbe senza rimedio l’intera macchina amministrativa.

 

Gli algoritmi già impazziscono nelle diverse tornate di trasferimento dei docenti e nelle assegnazioni delle cattedre vinte a concorso… Che cosa accadrebbe – ed è un’ipotesi che non si può scartare – se tutta la platea degli insegnanti venisse investita da un trasferimento? E dove andrebbero a finire quelli che nessun dirigente vuole? Tutti licenziati o trasportati d’ufficio in qualche isola?

 

A noi sembra che estendere i contenuti del concetto di vision – come prospettato dalla presidente della ANP del Lazio, ma da lungo tempo sponsorizzato dal mondo imprenditoriale nella sua generalità – rischi di tradursi in una mera gestione autocratica e burocratica della scuola.

 

A fronte di ciò, con spirito dialettico, avanziamo una contro-proposta provocatoria che ci sembra, tra l’altro, di più facile realizzazione. A volte basta rovesciare le cose per trovare la soluzione: se fossero i docenti a scegliere il dirigente scolastico?

 

Ci sarebbero diversi vantaggi. Partiamo dal dato che i dirigenti si spostano abitualmente da una scuola all’altra, mentre i docenti, forse la maggior parte di loro, sono radicati nella scuola di appartenenza: il che significa che conoscono direttamente l’utenza, il contesto sociale e il territorio che la include. Sarebbero, quindi, ben pronti a capire qual è il dirigente più adatto. Immaginiamo: alla scadenza del contratto del dirigente, quando l’Ufficio Scolastico deve assegnare un istituto ad un nuovo dirigente, presenta al collegio docente un certo numero di candidati, i quali hanno cura di delucidare la loro linea gestionale. Da cui, sulla base delle reali esigenze dell’utenza e del territorio, la scelta.

 

Forse è troppo anche questo. Ammettiamolo: le visioni sono una prerogativa degli illuminati. E ammettiamo che se non possiamo essere certi che tutti i dirigenti lo siano, non possiamo essere certi che neanche tutti i docenti lo siano. E allora che si fa?

 

Ricordiamoci la Costituzione vigente: siano i rappresentati eletti dal popolo in Parlamento a decidere. Facciamo che sia lo Stato a selezionare sia i dirigenti che i docenti. Si chiama democrazia ed è il sistema in vigore.

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